lunedì 26 ottobre 2009

Dio non esiste. E inoltre è anche stupido.

Oggi sono salito sulla collina, e mi sono trovato a guardare verso sud, cercando la vecchia Torre.
Mi sono trovato immobile, immerso in un silenzio irreale, a cercare la vecchia Torre con lo sguardo, sul crinale della montagna a sud. Ma dal mio osservatorio non sono riuscito a capire dove fosse; era la prima volta che salivo su quel colle, e non conoscendo nemmeno i dintorni del posto, non sono riuscito a trovare riferimenti per orizzontarmi. Stava calando la sera.
Molto tempo fa salii sulla montagna a sud in cerca della Torre, dopo aver letto vecchie storie che narravano di uomini e ragazzi del posto. Una di esse raccontava di un amore.
Una ragazza ed un ragazzo poco più giovane di lei, appena adolescenti, compagni di giochi da sempre, erano arrivati a quell’età nella quale il gioco si complica e si comincia a fare i conti col vecchio demone del desiderio; la ragazza lo aveva già capito, mentre lui era ancora acerbo di queste cose. Venne la guerra e i due si dovettero separare; lei lo aspettò, amandolo in cuor suo e desiderandolo ardentemente ogni giorno di più. Invano. La guerra si prese il ragazzo e alla giovane, ormai in età da marito, non rimase che una tristezza infinita.
È una delle tante storie che narra, sostanzialmente, di come siano ingiuste le cose del mondo.
Quando lessi della vecchia Torre rimasi profondamente affascinato da quelle storie – quella che ho riferito ed altre, romantiche come quella – e sapendo che sulla montagna non c’era in realtà traccia di paesi o villaggi, mi venne la curiosità di sapere quanto esse avessero un fondo di veridicità, magari da un passato più lontano – o se l’autore avesse solo usato i nomi dei luoghi inscenandoci le sue storie e prendendone a prestito un po’ della magia.
Ma il tempo passò, e la cosa rimase latente.
Oggi sono rimasto immobile a guardare verso sud, come instupidito.
Nel frattempo sono successe delle cose.
Per un caso strano, per un gioco di cose che hanno sempre a che fare con l’ingiustizia, io salii sulla montagna in cerca della Torre qualche tempo dopo, effettivamente; e quando penso a quel momento, provo orrore e ribrezzo.
Doveva essere novembre, ricordo freddo e tracce di neve. Avevo bisogno di camminare, di pensare, di stare solo, e lasciai la macchina molto lontana dalla vetta della montagna, e iniziai a salire a piedi.


Mi avevano detto che quella strada era stata da poco costruita con l’intento di superare la montagna stessa (proprio in prossimità della vecchia Torre) e di collegare le due cittadine ai piedi di essa, sui due versanti, così “vicine” tra di loro ma così distanti, in effetti, dato che tutte le vecchie strade non permettevano di andare da una città all’altra se non facendo un lunghissimo giro ai piedi della montagna stessa, oltremodo stretta ma lunghissima alla base, a guisa di una lama gigantesca che si erge dal terreno verso l’alto dividendo le città.
Ma i soldi per la costruzione della strada erano finiti presto, e i lavori si erano interrotti nel mio versante appena prima del crinale, mentre sul versante sud non si erano neppure iniziati.
Così, salendo a piedi, mi ritrovai presto nella parte di strada rimasta sterrata, poi in quella dove nemmeno le paratie erano state ancora costruite, poi ancora, proprio dietro una grande curva, nel bosco fitto, dove la strada non era mai arrivata. Proseguii comunque per stradelli, fino alla vetta della montagna, e lì passai un po’ di tempo a osservare le cose e le poche persone (escursionisti come me) che trovai lungo il cammino.
Doveva essere novembre. L’unica cosa vera fu il perché ci andai.
Ci andai perché non ne potevo più di stare al mio posto; avevo bisogno – credevo di avere bisogno – di cercare un altro posto, un posto non mio, da far diventare mio.
Non so se avete mai provato questa cosa. Più o meno improvvisamente, a un certo punto, vi sentite insoddisfatti, spaesati, sentite che i traguardi che avete raggiunto non sono più i vostri. Vi sentite forti come un leone e decidete che il mondo, quello che conoscete, non ha più bisogno di voi, né voi di lui, e fate per andarvene. Non so se avete mai provato.
Non so se avete mai provato a sfidare il vecchio demone del desiderio.
Quella mattina decisi così, feci per andarmene. Sapevo esattamente quello che lasciavo, sapevo cosa desideravo, non sapevo niente altro. Mi sentivo totalmente fuori dal mondo. Feci per andare; e ci andai, alla fine.
Poi sono passati gli anni. Ho perduto pezzi di me stesso per strada, ho trovato altri pezzi di me stesso. Sicuramente ho seminato e raccolto dolore, forse più di quello che si semina e si raccoglie normalmente quando si sente di vivere una vita normale. Che non so cosa sia, in fondo.
Ho cambiato radicalmente idea su cosa sia il mondo, però. Che strano. Ho perduto ogni riferimento a qualunque elemento metafisico, ho cominciato a pensare che il mondo sia realmente solo fisica e chimica, e che di tutto il resto non abbia senso parlare. Ho maturato questa idea, vi giuro, solo pensando alla violenza che il mondo raccoglie. Non è possibile che una coscienza universale che muova tutto permetta questo.
La distanza tra me e le cose è diminuita, quella tra me e le persone è aumentata. Quella tra me e la coscienza universale è diventata infinita.
Se volete chiamarla Dio, questa coscienza universale, forse facciamo prima; io preferivo parlare di un demiurgo, piuttosto, ma fa lo stesso. Per una svista colossale, lì per lì ci ero cascato, avevo pensato che fosse ragionevole rivolgersi ad un essere infinitamente più sapiente di me, che mi aveva creato e che in fondo mi voleva un sacco di bene, che non si faceva vedere né sentire (ma aveva i suoi buoni motivi per farlo) (ce li aveva?) e che mi prometteva la vita eterna con tanto di paradiso se rigavo dritto. Rivolgersi a lui per ringraziarlo e per pregarlo. Ragionevole.
Non ti viene il dubbio, guardandoti intorno un attimo, che questo signore sapiente, invisibile e grande venditore di felicità (futura, però, incidentalmente…) sia un pochino distratto e superficiale? Ok, si fa per dire, chiaramente. Perché dovremmo proprio parlare del dio delle nostre parti, giustamente? Ce ne sarebbero molti altri, e ben diversi, se proprio volessimo aprire un discorso serio… Quetzalcoatl? Ma se qualunque dio ci avesse progettati così come siamo, mischiandoci alla violenza che si genera anche solo quando chi nasce con gli occhi neri comincia a desiderare di averli azzurri – mica le guerre –, allora questo dio sarebbe stato oltremodo stupido.
Lasciamo perdere, davvero.
Per essere seri, non parliamo di nessun dio, per carità.
Se volete, parliamo di qualcosa di infinitamente distante, soprattutto come livello di coscienza. Così distante da non poterselo immaginare, figuriamoci parlarne.
Così distante che probabilmente o si è dimenticato di questi quaggiù per distrazione, o non ci ha proprio registrati, perché così come siamo, siamo probabilmente insignificanti per lui. Insignificanti.
Ho immaginato che il mondo, bello com’è, sia venuto fuori da qualcosa di molto ben progettato, in realtà. Peccato però che abbia questi pochi piccoli difetti insopportabili: violenza, caducità, ignoranza quella cattiva, ingiustizia, e poco di più. Ho pensato che magari è una prova venuta male, o uno scarto di produzione, atterrato perché difettoso. Ma lasciato distrattamente a funzionare finché qualcuno non si accorgerà del problema, o fino alla sua fine fisiologica.
L’unica spiegazione plausibile, alla fine mi pare proprio questa: che il mondo sia uno sbaglio; un errore prodotto da un demiurgo la cui coscienza e la cui logica non  ha nulla a che fare con la nostra, non è rapportabile in nessun modo alla nostra sensibilità e alla nostra esperienza. Muro.
Si dice infatti che dio sia fatto a immagine e somiglianza dell’uomo; o viceversa, non conta. CVD.
PS. Quanto al desiderio, che vi sembra una cosa così calda, voi forse non sapete che in realtà viene dal freddo siderale, e che vi succhierà tutto il calore che avete, se ne avete. Ma non potrete farne a meno.

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