sabato 21 maggio 2022

Cose storte (continuazione di "La mia coscienza")

Tutto il mondo sta tra 0 e 1 sul segmento di retta reale individuato da quegli estremi, dicevamo ieri.
Ma adesso penso a uno scarabocchio.
Se il segmento e la retta reale sono quanto di più esatto, coerente, efficiente e asettico si possa pensare, cosa pensare dello scarabocchio?
Guardo da vicino.
Ok, è curvo, informe, ritorna su se stesso senza regolarità, forma anelli e intrecci senza regola; ma se lo guardo davvero da vicino mi sento sempre più autorizzato a pensare che in fondo, anche lui, abbia la stessa stoffa del mio segmento originale. Solo che... Curva.
Ma il suo curvarsi è un pregio?
Vediamo.

Lo scarabocchio potrebbe essere il germe della scrittura.
Allora ci sono due livelli: macroscopicamente, esso comincerebbe a rappresentare qualcosa di comprensibile, istantaneamente, a chiunque. Il segno. E al contempo, nella sua intimità conserverebbe tutte quelle meravigliose proprietà che abbiamo attribuito al segmento, con qualche aggiunta: il fatto di poter curvare e impegnare così dimensioni diverse da quella unitaria.
Quest'ultima capacità gli conferisce insieme sporcizia, disordine, ma anche maggiore dignità.
La curvatura introduce piani di astrazione ancora superiori (ma in quel punto, quanto curva? E curva formando concavità o convessità?): le tangenti, il concetto di derivata, il concetto di angolo.
Già! Gli angoli!
Le curvature estreme, repentine, singolari, sono angoli.
Lì la tangente non esiste, e lo scarabocchio si ribella in quel punto ad ogni legge o regola ortodossa.
Lo scarabocchio più eclettico è poi quello che non solo curva, non solo forma angoli, ma ha il coraggio di... spezzarsi.
Pensa: pensa prima al tuo segmento ordinato, preciso, obbediente, ligio al suo dovere, che a un certo punto concepisse di volersi riprodurre per scissione, sganciando il legame tra due punti contigui per formare due copie di se stesso, identiche, in tutto e per tutto, potendo mettere in corrispondenza biunivoca tutti i suoi punti originali sia col primo che col secondo segmento figlio. In scala.
Così lo scarabocchio: gli basterebbe sganciare due punti contigui, magari quelli in prossimità di un angolo, per scindersi in due parti, questa volta non esattamente uguali, però, in generale, a causa della curvatura.
Ma, aspetta: non dicevamo che tra un punto e un altro ce ne sono infiniti?
Allora, che vuol dire "sganciare il legame tra due punti contigui"?
No, non funziona. Non ci sono punti contigui. Per quanto ti possa sembrare irreale, non ci sono punti contigui su un segmento, o su uno scarabocchio, perché tra ogni coppia di punti che individuerai, per quanto vicini, troverai sempre infiniti altri punti.
E allora, quando produci il tuo "taglio", che succede? Cosa rimane a destra e a sinistra? Una infinità di punti liberi che si avvicinano indefinitamente al punto di taglio, senza toccarlo mai. Questa sì che è bella.
Qui le cose si fanno toste.
A volte capita che produci il taglio su un punto "noto", nominabile, individuabile, per esempio 1/2; quel punto rimarrà o a destra o a sinistra, a "suturare" la ferita, mentre dall'altra parte avrai la sequenza di infiniti punti senza più un capo che rimarranno anonimi e penzolanti. O, peggio, quanto taglierai a caso, in un punto "non nominabile", da entrambe le parti avrai una infinità di punti a reclamare una sutura, che non potrai concedere.
Queste sono le regole, nella geometria di segmenti e scarabocchi, impietose, precise, freddamente logiche.

Ma c'è altra bellezza, negli scarabocchi.
Pensa: ogni scarabocchio, qualunque forma abbia, per quanto bizzarro sia (senza tagli, però!), ha un suo codice univoco, una sua impronta digitale, un suo DNA. Puoi trovare (se ci studi un po') una formula che lo descrive al completo, o se vuoi una funzione. O anche (meglio!) una trasformata di Fourier.
Queste ultime non sono altro che sequenze di numeri che, messi nel tritacarne giusto e dato il colpo di manovella, producono lo scarabocchio del caso; che, a quel punto, non è più anonimo ma viene intrappolato, schedato e messo in catalogo.
Se ti sembra strano, non proverò a romperti la testa qui con altri discorsi; piuttosto, ti rimanderò qui per farti toccare con mano e vedere con i tuoi occhi.

E la mia coscienza che c'entra con tutto questo?
C'entra, c'entra.
Ora che concepisco bizzarrie di infinità non più solo in riga bensì affette perfino da curvature, anelli intrecciati, angoli, spezzature senza capo né coda e mille altri nodi possibili, credo di essere ancora di più a casa mia, e non trovo più strano il mondo, e mi scandalizzo sempre meno di quanto mi succede dentro e fuori.

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