venerdì 20 maggio 2022

Amore, morte e stupidità

C'è una legge per me empirica ma ampiamente sperimentata nel corso della mia esistenza.

Noi (tutti noi, probabilmente anche animali e piante) proviamo affetto e empatia, quando li proviamo, con intensità crescente al diminuire della distanza tra noi e l'essere o oggetto amato.

Credo si potrebbero fare numerosi esempi; ma il primo approccio sarà senz'altro la constatazione che proviamo orrore per chi muore nelle nostre vicinanze mentre rimaniamo praticamente impassibili constatando che nel resto del mondo ogni secondo accadono morti atroci per i più atroci motivi.

Per quanto posso capire deve trattarsi di una caratteristica imposta dall'evoluzione; forse una difesa di qualche natura, del tipo: daremmo fuori di testa se mai dovessimo farci carico di tutte le atrocità del mondo, oltre quelle che ci accadono sotto gli occhi.

E ora un esempio contrario: com'è possibile perdere la testa innamorandosi di una persona che è entrata nella nostra sfera di contatti, ignorando del tutto le miriadi di persone tutto intorno, tra le quali, statisticamente, sarà di gran lunga più probabile trovare un partner più bello / colto / intelligente / interessante / attraente?

Per quanto posso capire deve trattarsi anche qui di una difesa, ma questa volta del mondo: per non perdere tempo (la natura vuole andare al sodo, vuole continuare la specie facendoti accoppiare non importa molto con chi) ti lega quanto basta al primo essere che ti capita a tiro e al quale tu capiti a tiro (spesso bisogna essere in due a piacersi) e amen.

Per il resto, più un essere ti sarà lontano (non solo spazialmente, ma anche culturalmente, etc.) più tenderai a ignorarlo se non a disprezzarlo. Ditemi che non è così, nella media.

Ed ecco il punto. Ok, questi atteggiamenti sono probabilmente dettati da fatti che hanno a che fare con l'evoluzionismo; ma la stupidità della cosa in sé come la gestiamo?

Per il primo esempio, dov'è la logica nel non provare orrore considerando tutta la malvagità del mondo riversata su soggetti che non sono prossimi a te? Eppure, sai benissimo come funziona l'orrore di cui parliamo. Come fai, ragionevolmente, a tenerti al riparo dal considerare tutto quel dolore? Come fai a tenere spenta la logica che ti obbligherebbe a quella constatazione?

Per il secondo esempio, dov'è la logica nel provare affetto solo per chi ti è vicino e per chi conosci (già)? Che il tuo intento sia di convenienza, di calcolo o di amore/affetto disinteressato, come può la distanza discriminare il soggetto della tua attenzione? Non parlo solo del mondo di oggi, dove le distanze vanno scemando, ma farei il discorso anche per un villaggio dei tempi che furono, dove comunque una possibilità di contatto più ampia doveva pur esserci.

Perché prestiamo fiducia e credibilità solo a chi si trova entro la nostra sfera di azione, e pensiamo che il resto del mondo non ne sia degno? Perché ci sembra che sia più ingannevole un essere che non abbiamo ancora conosciuto, mentre l'esperienza ci urla addosso ogni giorno che perfino gli amici, spessissimo, lavorano contro il nostro interesse?

Sì: io trovo illogico tutto questo.

Sono certamente soggetto alle stesse leggi evoluzionistiche del resto del mondo, e a tutta prima mi comporto esattamente come gli altri; ma non posso fare a meno di chiedermi ogni giorno come sia possibile che la stupidità prevalga praticamente sempre sulla convenienza comune.


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